Protesta
e integrazione nella Roma antica pubblicato nel 1970
dall’editore Laterza è stata un’invasione dell’antropologa Clara Gallini (1)
nel campo della storia, seguita dal silenzio più assoluto da parte degli
esperti di entrambe le discipline e dall’inevitabile oblio dei mai più
ripubblicati. Eppure “quel libro pubblicato nel 1970 circolava nel movimento
studentesco e, sorprendentemente, ebbe successo in America Latina.” (2)
Stranamente ma, forse, neanche tanto fu Angelo Brelich, il grande studioso di storia
delle religioni allievo di K. Kerenyi, a cassare il libro, probabilmente per la
sua libertà nell’aprirsi “mentalmente a mondi diversi” usando un metodo
comparativo giudicato, al tempo, probabilmente troppo spregiudicato. La tesi di
fondo è che i movimenti di protesta nella Roma del II secolo a.C. rappresentati
dai baccanali e dalle rivolte servili fossero accomunate da una stessa forma di
“possessione” rituale che si esprimeva per i primi nel rapporto non mediato dei
suoi membri con la divinità e per i secondi con la guida di un capo carismatico
ispirato dal proprio dio personale. Un modello dal basso di “posseduto” dagli
dei esprimente istanze di libertà che venivano successivamente riassorbite
dall’alto nella “duplice esigenza di aggiornamento di una nuova élite di potere e assieme di
integrazione ‘pacifica’ di ogni possibile nuova proposta eversiva, proveniente
da settori di marginalizzazione.” (3) Un
meccanismo di protesta e integrazione che vedrà il suo culmine nell’età
augustea con la divinizzazione dell’imperatore, e il suo relativo culto, per
poi ripercorrere un iter analogo con l’affermarsi del cristianesimo. Struttura
eterna e inevitabile?
L’autrice ripercorre la storia dei baccanali, la
loro apoliticità, che ai tempi significava “presentarsi come movimento
religioso autonomo, perché indipendente da ogni forma di controllo diretto
dello Stato” che li rendeva, di fatto, antagonisti. E le rivolte servili che
conquistarono l’intera isola siciliana per più anni, fino a quella di Spartaco,
la cui fama è arrivata fino ai giorni nostri (4). Se gli esiti nefasti di
quelle che furono vere e proprie guerre degli schiavi sono conosciute e
comunque prevedibili, l’esito finale della storia dei baccanali non può non
stupirci. Nell’arco di una notte (siamo nel 186 a.C.) il senato romano emana un
editto che ne ordina la repressione comminando migliaia di arresti, espropri di
beni, esili ed esecuzioni capitali; il tutto senza guardare in faccia a nessuno
nonostante ciò coinvolgesse ceti diversi della popolazione e non solo quella meno
abbiente. La pericolosità, avvertita, che fece muovere con una fretta e
decisione inusitata il potere costituito in termini che non avevano paragoni
rispetto alle rivolte servili, affrontate, quest’ultime, quando ormai erano
diventate minacce conclamate, era rappresentata dal fatto che i membri di
questi riti orgiastici, apparentemente innocui, “riconoscevano se stessi come
membri di un gruppo, e non più soltanto cittadini di una res pubblica.” (5) Schiavi, liberi, donne e uomini, vecchi e
bambini, patrizi e plebei in questi rituali che accentuavano il momento festivo
che concedeva loro “libertà fuori dalla norma” grazie all’alibi della
possessione scardinava alle fondamenta quel “tranquillo sincretismo religioso
vissuto entro le forme dell’interpretatio
romana”. (6) Se gli eserciti degli
schiavi potevano essere sempre sconfitti militarmente sul campo e i danni da
loro provocati riparati nel tempo, i guasti ad un sistema di potere ben oliato come quello romano da parte di una
sua componente sociale interna, se non affrontati in tempo, potevano risultare
disastrosi, se non proprio irreparabili.
L’antropologa sfida la storia seminando accostamenti
e analogie con realtà temporalmente e spazialmente diverse, fino ad avvicinarsi
a noi, dai millenarismi ai ribelli delle società preindustriali. Protesta e
integrazione della protesta, ritorna la domanda sull’inevitabilità di una
modalità storica che sembra condannata alla ripetizione infinita. Per Clara
Gallini, guardando al passato, “il rischio dell’integrazione della protesta
appare direttamente proporzionale agli stessi limiti di una contestazione, che
non è storicamente in grado di partire da una sufficiente analisi di classe”, e
conclude con un’affermazione: “per l’oggi, starà a tutti noi dimostrare il
contrario.” A distanza di mezzo secolo possiamo dire di averlo dimostrato?
Giuliano Spagnul
Nota 1: Su Clara Gallini in Bottega: http://www.labottegadelbarbieri.org/losservazione-partecipante-di-clara-gallini/
Nota 2: Intervista a Clara Gallini https://www.repubblica.it/cultura/2014/11/03/news/clara_gallini_pensiamo_che_i_miracoli_siano_arcaici_ma_li_abbiamo_inventati_noi_moderni-99626642/
Nota 3: C. Gallini, Protesta e integrazione nella Roma antica, Laterza, Bari, 1979, p.
8-9
Nota 4: Per un’esaustiva, e avvincente (il che non
guasta), storia di Spartaco consiglio Aldo Schiavone, Spartaco, Einaudi, Torino, 2016
Nota 5: C. Gallini, Protesta e integrazione nella Roma antica cit. p. 57
Nota 6: ivi p. 64
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